Uscendo dal recinto autoreferenziale dell’ambito artistico e dai cliché post accademia che spesso lo caratterizzano, continuando ad usare in modo trasversale strumenti suoi propri, si entra nel particolare linguaggio del “governatore” della regione Puglia, nelle sue “narrazioni”. Utilizzando la tecnica di cut up di William Burroghs e la scrittura senza punteggiatura di Philippe Sollers, si mettono a confronto due testi base. Nel primo sono raccolti pezzi di scrittura di Vendola, coi valzer di parole, gli arzigogoli, i voli pindarici, una coltre nebbiosa che avvolge percorsi labirintici dentro cui si annidano gli inganni. Nel secondo testo sono raccolti dei post dell’autore della mostra, inseriti in maniera diretta sulla bacheca del “governatore” (sempre senza risposta) o in diversi gruppi di discussione in vari social network.

Il punto di partenza dell’indagine è l’ossimoro della “Fabbrica di Nichi”. Il concetto di “politicamente corretto” appartiene alla cultura americana, ma è completamente estraneo alle nostre consuetudini verbali, così si può chiamare tranquillamente “fabbrica” un raduno in un campeggio al mare. Anche Andy Wharol ha chiamato il suo laboratorio “factory”, ma non intendeva certo ispirarsi, far riferimento, rappresentare, gli operai della catena di montaggio della Ford. L’ossimoro, il non politicamente corretto, non nasce solo dall’usare un termine che appartiene alla cokeria per un incontro di simpatizzanti che per stratificazione sociale ne ignora la condizione lavorativa, ma sta anche nell’eleggere poi dichiaratamente a propria politica industriale “il ballo di san vito”, con la curiosa e sospetta coincidenza che vede l’acciaieria tra gli sponsor, quasi a chiudere il cerchio.

Dalle “nichi’s factory” si arriva all’ultima campagna delle primarie, con l’uso di un logo da fumetto, caricaturale, quasi a completamento di un percorso che porta ad entrare nella fiction usando i suoi canoni e le forme proprie sue di comunicazione. La politica entra in “The Truman Show”. E’ l’epilogo di una mutazione genetica della politica che diventa parodia di se stessa, e che tocca fanciullescamente la clowneria, ignorando quel principio fondamentale indicato da Mc Luhan, secondo il quale: è il medium il messaggio. E’ un processo che segue sulla falsa riga “l’uomo di plastica”, la “mummia”, al quale dovrebbe essere, nell’interpretazione dei ruoli sulla scena, contrapposto. La fiction non è solo nella forma, ma anche nei contenuti, sotto i riflettori dell’attenzione mediatica vero e falso si confondono, a rendere credibile non è quello che si dice ma come lo si dice. Nella “narrazione” c’è la familiarità con il linguaggio televisivo e il bisogno di incantare, ma alla fine a prevalere sono gli arnesi della vecchia propaganda resa convincente anche in questo caso dalla potenza del mezzo di trasmissione, con il rischio però che si resti imprigionati nella griglia di parole che si è costruita: in un lascia e raddoppia il “governatore” annuncia la riduzione del mensile percepito alla regione e quasi contemporaneamente lancia la propria candidatura verso il parlamento. E cambiano anche i luoghi, da fisici a sempre più eterei: è casuale o frutto di calcolo non perdere una manifestazione a Roma, Genova, Assisi, e, lo stesso giorno in cui se ne svolge una a Taranto sul tema dell’Ilva, si indice una conferenza stampa, sullo stesso argomento, dove? A Bari… Evidentemente per deviare e catalizzare l’attenzione lontano dalla città in cui sono emersi i ritardi, le ambiguità, le contraddizioni, del rapporto con la grande industria. Nella città ionica “il re è nudo”, ma altrove il Truman Show può continuare…